Un po’ di storia di Conegliano

Il Rinascimento della nostra città è ricco di episodi e di fatti storici, alcuni più noti e altri forse meno conosciuti, ma non meno importanti. In questa pagina ricordiamo gli avvenimenti che maggiormente hanno segnato le vicende del nostro cinquecento, buona lettura!
Leone di San Marco

L'assetto politico coneglianese d'età moderna

Le vicende economiche, sociali e politiche coneglianesi, per tutto il Cinquecento, furono strettamente correlate alle sorti della dominante città di Venezia: tra il 1388 e il 1389 i territori dell’attuale provincia di Treviso, tra cui Conegliano, passarono sotto il dominio della Repubblica di Venezia. Questa negli anni avvenire acquisì sempre più territori di terraferma e al fine di evitare tensioni permise a questi ultimi di mantenere il proprio statuto cittadino. Allo stesso tempo, nei territori prossimi alla dominante, tra i quali Conegliano, vi era una massiccia presenza del patriziato veneziano il quale disponeva di interessi economici, soprattutto possedimenti terrieri, e politici all’interno della città.

Significativa a tal proposito la presenza di un gran numero di Potestà inviati direttamente da Venezia i quali spesso succedevano a quelli del luogo. La Serenissima, inoltre, istituì gli enti comitatini quale mediazione tra lo stato centrale e la periferia del dominio. Soprattutto nell’ambito della giustizia: nelle province del dominio veneziano non poteva aver luogo un processo senza aver prima consultato e ottenuto l’approvazione del comitato cittadino. Nel XVI secolo le mire espansionistiche veneziane accrebbero considerevolmente e, al fine di mantenere i suoi possedimenti, Venezia divenne sempre più presente negli affari del contado e quindi anche nel coneglianese.

Le guerre d'Italia
e la minaccia ottomana

Il Cinquecento coneglianese iniziò in modo traumatico a causa di due incombenti minacce.

Il primo dovuto alla calata in Italia del sovrano francese Carlo VIII nel 1494, alla conquista del trono di Napoli: questo evento sancì l’inizio delle guerre d’Italia alle quali la Repubblica di Venezia prese parte. In tale occasione Conegliano dovette dare un forte contributo bellico alla dominante.

Il secondo pericoloso evento fu fornito dai turchi del sovrano Bajazet che nel 29 settembre 1499 giunsero nel basso Friuli a confine con il Veneto. Quella stessa sera il Podestà di Conegliano inviò in soccorso alla Patria del Friuli 200 soldati sotto gli ordini del nuovo capitano del Consiglio coneglianese Francesco Coderta. Gran parte di questi ebbero tragica sorte in quanto massacrati o fatti prigionieri  dai turchi ottomani nei pressi di Aviano. Nell’ottobre del 1499 i turchi erano alle porte di Conegliano: si muovevano tra il Friuli ed il Veneto arrivando ad alloggiare a Cordignano e incendiandone il castello.

Fortunatamente per Conegliano e la Repubblica di Venezia, le truppe ottomane guidate da Scanderberg, dopo numerose razzie nell’entroterra veneto, presero la direzione est e tornarono in patria. Conegliano rimase illesa.

Sovrano Bajazet
Canal Grande - Venezia

Conegliano nello scontro
con la Lega di Cambrai

Dal 1508 la Repubblica di Venezia ebbe forti attriti con l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo il quale si spinse nei territori veneti e friulani facenti parte dei domini veneziani. A seguito di ciò Conegliano inviò al condottiero Bartolomeo d’Alviano, presso la città di Feltre, i suoi schioppettieri capitanati da Antonio Cecchini; questi armigeri riuscirono a fermare le truppe imperiali subendo perdite minime e si spostarono poi a difendere i territori friulani.

Preoccupati dalle ambizioni veneziane, il 10 dicembre 1508, si riunirono a Cambrai, in Francia, Massimiliano I d’Asburgo Imperatore del Sacro Romano Impero, Luigi XII Re di Francia, papa Giulio II, Ferdinando II d’Aragona Re di Napoli e Sicilia, Alfonso I d’Este duca di Ferrara, Carlo II di Savoia, Francesco II Gonzaga marchese di Mantova e Ladislao II Re di Ungheria. A seguito di questo incontro si raggiunse un accordo ai danni della Serenissima costituendo la Lega di Cambrai. Il clima ostile per la Repubblica di Venezia cominciò a farsi pesante così, il 7 gennaio 1509, Conegliano inviò a Gorizia, al comando di Francesco Calza, 60 guastatori (militari specializzati nell’attacco e nella difesa di opere fortificate).

Il 27 aprile di quell’anno il Papa scomunica Venezia dichiarandola “nemico pubblico del mondo cristiano”. Il territorio Veneto venne invaso ovunque dalle truppe imperiali e molte città importanti caddero in mani nemiche. Conegliano, invece, sebbene soffocata da incessanti assedi per tutto il 1509, combatté valorosamente e resistette all’esercito avversario. Determinante fu la sollevazione popolare della cittadina veneta che spinse il Doge, colpito da tale tenacia, ad inviare truppe in quel territorio sotto il comando di Gianconte Brandolini per sostenere la resistenza.

L’11 dicembre però gli imperiali, alle porte della città, penetrarono dentro la Torre della Scala e issarono il loro vessillo. Fortunatamente intervennero le truppe veneziane capitanate da Gianandrea Rota e Marc’Antonio Montalban, i quali ripresero possesso dell’edificio sostituendo la bandiera imperiale con quella di San Marco. Questa notizia, quando giunse a Venezia, riempì d’orgoglio il Doge ed il Senato.  Il pericolo di invasione per Conegliano cessò l’anno successivo (1510), quando ci fu un riavvicinamento tra la Serenissima e il Pontefice in chiave antifrancese. Nell’estate di quell’anno soldati coneglianesi parteciparono alla riconquista veneziana dei territori del bellunese.

Nel 1511, nonostante il flagello della peste che per due anni la città dovette affrontare, Conegliano continuò a dare il suo contributo alla Serenissima nella guerra contro gli imperiali. Al fine di riuscire su tutti i fronti che tenevano impegnata la città, a ottobre giunse Francesco Giustiniani in qualità di reggente con pieni poteri. Egli, indipendentemente dal parere del Consiglio, poté prendere le decisioni che più riteneva appropriate per fronteggiare la pandemia, la guerra e le diverse problematiche cittadine. Il Giustiniani rimase in carica fino al 7 gennaio 1512, quando lasciò la città al Podestà Marco Dandolo.

Fino al 1516, data di conclusione dello scontro tra Venezia e la Lega di Cambrai, Conegliano rimase sempre fedele alla Serenissima inviando guastatori. Il contributo della città fu importante nella guerra contro la Lega ma le sue finanze furono logorate e fu difficile successivamente rilanciare la propria economia.

Palazzo del Doge a Venezia
Doge di Venezia

L'inquisizione a Conegliano

Verso la metà del XVI secolo, lo strumento dell’inquisizione, ossia uno speciale tribunale ecclesiastico istituito per la repressione dell’eresia, si abbatté su Conegliano: a farne tragica esperienza, con il falegname Nicolò dalle Monache, fu soprattutto il pittore Riccardo Perucolo che pagò con la vita le sue idee non conformi alla religione cattolica cristiana.

Furono molte le persone che in quel tempo si avvicinarono e, chi più chi meno, in qualche modo propagandavano i loro pensieri definiti eretici: nobili come Andrea Zantani, il quale era anche un ecclesiastico, ma anche gente del popolo come lo speziale Zuandonato, l’orefice Domenico, il contadino Lorenzo dalle Pezzole…Tra tutti Gottardo Montanaro, che fu cappellano della Chiesa di Santa Maria dei Battuti e che influenzò con le sue idee “eterodosse” il pittore di Zoppè Riccardo Perucolo.

I personaggi sopra menzionati attuarono la loro attività propagandistica senza particolari ostacoli. Ma nel maggio del 1549 Riccardo Perucolo, in un giorno piovoso, parlò in pubblico sotto un porticato della città a un gruppo di persone che lì sotto si stava riparando dalla pioggia. In questa occasione egli si scontrò aspramente con il nobile Ludovico da Codroipo, il quale lo accusò di eresia.

Successivamente iniziò un processo dove venne coinvolto, assieme al Perucolo, anche Nicolò dalle Monache. Il processo, con sede nell’ufficio dell’Inquisizione coneglianese presso il Convento di S. Francesco, venne presieduto dal podestà di Conegliano Alessio Tagliapietra e si basò sulle testimonianze dei cittadini coneglianesi. Obiettivo primario del processo era quello di ottenere l’abiura (ovvero una pubblica dichiarazione dove si rinnegano le idee fino ad allora sostenute) dei due imputati i quali dovettero difendersi da soli in quanto privi di un avvocato. Al fine di estorcere delle confessioni ai due soggetti accusati era consentito l’uso della tortura.

L’11 giugno i due vennero interrogati dal tribunale dell’Inquisizione: i due imputati erano soprattutto accusati di negare la presenza fisica di Cristo nell’ostia consacrata. Dopo diversi interrogatori i due si arresero e ammisero le accuse loro rivolte. L’11 luglio i due lessero in pubblico la sentenza del loro processo e, il dalle Monache per un anno, il Perucolo per diciotto mesi, in segno di umiltà portarono una corda al collo chiedendo perdono ai fedeli per le loro colpe.

Qualche tempo dopo di Nicolò dalle Monache si persero le tracce mentre il Perucolo continuò la sua opera propagandistica di idee luterane. Fu catturato e processato ancora una volta come relapso, vale a dire eretico “recidivo” e venne condannato al rogo nella piazza del mercato nel marzo del 1568.

Gli affreschi di Riccardo Perucolo possiamo ammirarli ancora oggi a Palazzo Sarcinelli.

Inquisizione contro gli eretici